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Party Time è uno degli ultimi drammi di Pinter, rappresentato per la prima volta nel 1991. In un’elegante living room, tra musica e drink, si incrociano le storie di una giovane coppia e dei loro misteriosi interlocutori. Tema guida della discussione è l’appartenenza ad un esclusivo club in cui tutto è di prima qualità, dal servizio alla coscienza morale. Talvolta sulla scena fa capolino una luce dall’esterno, dove pare si stiano verificando episodi di grande violenza e repressione. Unico corpo, che dal mondo di fuori riesce ad affacciarsi sulla scena, è quello di Jimmy, fratello di una delle protagoniste, la cui apparizione fa calare il sipario sull’ipocrisia dei protagonisti.

 

 

Per la messa in scena abbiamo provato a scavare nelle vite dei personaggi. Prima dello spettacolo vero e proprio abbiamo ricostruito quattro possibili mondi in altrettanti preludi: un uomo torna a casa dal lavoro, mangia in tutta fretta sotto gli occhi della moglie e la prende con violenza dietro il divano, un altro uomo si prepara per uscire e sceglie con cura maniacale gli abiti e l’acconcatura, una donna assiste alla morte improvvisa del marito seduto vicino a lei e si preoccupa solo di nascondere il cadavere, un’altra donna dà indicazioni a due servi incappuciati su come allestire una sala da ricevimento e alla fine ordina a uno dei due di uccidere l’altro. A questo punto la scena è pronta, i personaggi possono incontrarsi e dare inizio alla loro festa, giocata sulle note di un violino, di cui, un po’ alla volta si spezzano tutte le corde. Lo stesso violino con cui entrerà in scena Jimmy per il suo monologo finale.

Harold Pinter: Party Time

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